mercoledì 17 aprile 2013
mercoledì 27 marzo 2013
Salmo 2
Di fronte ai potenti della terra e alle genti che si ribellano a Dio e al suo Messia, il salmista non si scompone, ma pieno di fede e di speranza coglie la stoltezza e l’assurdità di una tale lotta contro Dio. Le genti pensano Dio come un carceriere che toglie loro la libertà e combattono il Signore e il suo consacrato, cioè la vera libertà; quella offerta dal Padre agli uomini: “Spezziamo le loro catene, gettiamo via da noi il loro giogo!”. Ma Dio non è impressionato dai loro tumulti e dalla loro ribellione. Il Messia non potrà essere da loro vinto . Egli, da tutta l’eternità, è stato costituito sul monte Sion sovrano sulle genti: a lui devono sottomettersi tutti i re della terra. Il salmista, con cuore aperto esorta i sovrani e i giudici della terra, ad essere saggi e ad accogliere l’istruzione della parola di Dio. Li esorta a servire il Signore con timore, rifiutando la tentazione di usare del loro potere terreno contro Dio. “Rallegratevi con tremore”, richiama il salmista; cioè esultate non con un’esultanza stolta che rifiuta, in realtà, l’obbedienza per una ritualità vuota. Conclude il salmista con gioia: “Beato chi in lui si rifugia”; chi fa di lui la sua forza, la sua difesa, contro il male.
Salmo 2
Perché le genti sono in tumulto
e i popoli cospirano invano?
Insorgono i re della terra
e i principi congiurano insieme
contro il Signore e il suo consacrato:
«Spezziamo le loro catene,
gettiamo via da noi il loro giogo!».
Ride colui che sta nei cieli,
il Signore si fa beffe di loro.
Egli parla nella sua ira,
li spaventa con la sua collera:
«Io stesso ho stabilito il mio sovrano
sul Sion, mia santa montagna».
Voglio annunciare il decreto del Signore.
Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio,
io oggi ti ho generato.
Chiedimi e ti darò in eredità le genti
e in tuo dominio le terre più lontane.
Le spezzerai con scettro di ferro,
come vaso di argilla le frantumerai».
1E ora siate saggi, o sovrani;
lasciatevi correggere, o giudici della terra;
servite il Signore con timore
e rallegratevi con tremore.
Imparate la disciplina,
perché non si adiri e voi perdiate la via:
in un attimo divampa la sua ira.
Beato chi in lui si rifugia.
Salmo 2
Perché le genti sono in tumulto
e i popoli cospirano invano?
Insorgono i re della terra
e i principi congiurano insieme
contro il Signore e il suo consacrato:
«Spezziamo le loro catene,
gettiamo via da noi il loro giogo!».
Ride colui che sta nei cieli,
il Signore si fa beffe di loro.
Egli parla nella sua ira,
li spaventa con la sua collera:
«Io stesso ho stabilito il mio sovrano
sul Sion, mia santa montagna».
Voglio annunciare il decreto del Signore.
Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio,
io oggi ti ho generato.
Chiedimi e ti darò in eredità le genti
e in tuo dominio le terre più lontane.
Le spezzerai con scettro di ferro,
come vaso di argilla le frantumerai».
1E ora siate saggi, o sovrani;
lasciatevi correggere, o giudici della terra;
servite il Signore con timore
e rallegratevi con tremore.
Imparate la disciplina,
perché non si adiri e voi perdiate la via:
in un attimo divampa la sua ira.
Beato chi in lui si rifugia.
lunedì 11 marzo 2013
Salmo 1
Il salmo
1 rappresenta il portale d’ingresso attraverso il quale si entra nel ricco
mondo dei salmi. Queste poche righe sono la prefazione di tutto il libro dei
salmi e la sintesi perfetta di tutta la vita umana.
Il salmo
1 presenta la beatitudine di chi rimane fermo nella meditazione della
Parola del Signore e la mette in pratica. Il vero credente, è colui che medita
la Parola giorno e notte, per poter affrontare le vicende della vita con
rettitudine. La meditazione assidua della Parola rende stabile e fecondo il suo
cammino, attento agli ostacoli di che lo raggira con inganni e sufficienza di
parole.
È un salmo che dona pace, che infonde lo
spirito di perseveranza sulle strade intraprese. Meditare la Parola del Signore
è meditare quanto ha fatto e detto Cristo Gesù, è desiderio di vivere Cristo
nella propria vita. È scegliere di entrare alla sua Presenza, di accogliere la
storia d’amore che ha pensato per ciascuno di noi.
Salmo 1 - Le due vie dell’uomo
Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei
malvagi,
non resta nella via dei
peccatori
e non siede in compagnia
degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno
e notte.
È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non
appassiscono
e tutto quello che fa,
riesce bene.
Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento
disperde;
perciò non si alzeranno i malvagi nel giudizio
né i peccatori
nell’assemblea dei giusti,
poiché il Signore veglia sul cammino dei
giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.
Armonie dello Spirito
06:47
Armonie dello Spirito
«Il
partire per il deserto, o verso terre straniere era, un tempo, un fuggire dalle
città cristiane dove la fede rischiava di rinchiudersi su se stessa,
comodamente seduta su certi poteri e certi sistemi; è l’inizio di un viaggio
verso paesi, linguaggi e culture in cui Dio parla una lingua non ancora
decodificata e non registrata. Il partire destina il pellegrino alla
sorpresa. Traduce, geograficamente e socialmente, la
certezza che Dio è l’incomprensibile senza il
quale, tuttavia, è impossibile essere cristiani e uomini. Una solidarietà della
fede lega a questo sconosciuto. Questo estraneo non cessa di essere (nel senso amoroso del
termine) colui che manca ai
cristiani.
Lo
stesso avviene per l’esperienza spirituale. Una tradizione, fra le tante, lo
mostra: la xeniteia, lo
«sradicamento». Questo movimento che consiste nel partire per altrove, come
Abramo, «senza sapere dove» (Eb 11,8), per udire in terra sconosciuta la parola
umana di Dio, oppure nello sperare da altrove il suo volto d’uomo in una storia
sempre sorprendente, è anche il movimento interno dell’avventura religiosa. È
il modo dell’incontro.
Due
correnti, infatti, sembrano dividersi la spiritualità cristiana: una mistica, l’altra escatologica.
La prima attesta un’unione con Dio percepito come l’essenza o la respirazione
dell’essere. La seconda esplicita il desiderio che attende Dio come colui che
verrà alla fine. Si
potrebbe credere che solamente la seconda manifesti l’estraneità di Dio. In
realtà il mistico sperimenta, nel presente dell’unione, la necessità di
perdersi: egli è preso, «rapito», si diceva in passato, cioè rubato e come
annullato nella propria soggettività da qualcosa o qualcun altro che è la sua
notte e insieme il suo necessario. È pacificato da chi gli toglie i suoi beni.
Rivive di ciò che lo divora. Anche nella prospettiva escatologica, aspirata da
un avvenire, il desiderio è l’ignoto che fa vivere già fin d’ora, l’estraneità
che ha un senso: un’esistenza è strappata a se stessa, ma da una speranza che
le conferisce la sua sussistenza attuale. Finalmente, da una parte e
dall’altra, benché sotto forme inverse, emerge quest’»Altro» che è nondimeno «la mia vita». Nell’esperienza personale,
l’Estraneo è a un tempo l’irriducibile e colui senza il quale vivere non è più
vivere».
Michel
de Certeau, Mai senza l’altro
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